"Tante piccole cose" è la storia di una strage famigliare. Daniele Masala, uomo incolore, servile, poco più di un’ombra nei ricordi dei vecchi compagni di scuola e dei vicini, massacra i suoceri e la moglie in un giorno di sole. Il tuo romanzo, finalista al prestigioso Premio Italo Calvino, è stato giudicato capace di prendersi gioco dei luoghi comuni. Quali sono i luoghi comuni che la tua scrittura prende di mira e in cosa risiede il “grottesco” della condizione umana che descrivi?
S: Be’, sono
i luoghi comuni classici, ad esempio quello della famiglia come isola felice,
un porto sicuro rispetto ai mali del mondo. In realtà sappiamo che non è per
niente così: la famiglia è il luogo in cui accadono le peggiori nefandezze,
basti pensare alla violenza sui bambini o sulle donne. Ora non ho statistiche
sotto mano, ma mi pare di ricordare che sia abbastanza raro subire violenza da
parte di perfetti sconosciuti. Spesso ci preoccupiamo di individuare il
male in un nemico esterno e non ci accorgiamo che l’uomo nero è in casa, sotto
le affabili spoglie del padre, della madre, del fratello, del nonno, della zia,
dei cugini… Lungi da me pensare che tutte le famiglie siano incubatrici di
violenza, però ogni volta che sento parlare di valori della famiglia, famiglia
tradizionale, famiglia di una volta, io mi preoccupo. Se ci pensiamo un po’ – e
senza arrivare alla strage o comunque alla violenza fisica – quante famiglie si
basano sulla sopraffazione e annichiliscono gli individui? Penso ai padri che
portano a giocare i figli a tennis sperando che diventino i prossimi Federer,
alle madri che fanno a gara di voti nelle chat di classe, alle mogli che
annientano psicologicamente i mariti costringendoli a seguire i loro
passatempi, ai mariti che fanno una testa così alle mogli perché all’ultima
spesa hanno preso quel taglio di carne invece di quell’altro… In questo senso
credo che si possa parlare di grottesco: passiamo un sacco di tempo a fare cose
che non vogliamo fare, occupati in faccende di cui non vorremmo avere
l’incombenza, solo perché ci sentiamo obbligati a farle, complicandoci sempre
di più la vita.
Tante
piccole cose racconta la storia di Daniele Masala: una vita senza qualità e
senza coraggio, trascinata nel solco delle scelte compiute da altri, un passato
di sopraffazione e umiliazione e la svolta in un’esplosione di inconcepibile
violenza. Daniele Masala è un assassino, è lui che ha ucciso la moglie e i
suoceri e questo il lettore lo scopre dalle prime pagine del romanzo. Ma
Daniele Masala è anche colpevole verso sé stesso?
S: Certo che
è colpevole verso sé stesso, se non del tutto, in buonissima parte. Accetta una
ragazza che non gli piace, pur di poter dire oggi esco con la mia ragazza;
si dà anima e corpo ai suoceri pur di essere accettato; china la testa e
subisce ogni decisione della fidanzata, prima, e della moglie, poi, rinunciando
a esprimere il proprio punto di vista, convinto che quello sia il modo più
semplice per sopravvivere. È colpevole, dunque, di non avere mai nemmeno
provato a cambiare le cose. Come dicevano gli antichi: homo faber fortunae
suae. Daniele Masala è l’artefice del proprio destino, almeno nei limiti di
quanto ci è possibile controllarlo, ed escludendo dunque l’imponderabile.
La
vicenda di Daniel Masala si frammenta attraverso le parole di tutti quelli che
lo hanno conosciuto, vecchi compagni di scuola e vicini di casa. Che valore
hanno a queste voci nel romanzo?
S: Mi
piacerebbe dire che non hanno nessun valore, ragionando in termini etici, se mi
si passa il termine, mentre spero ne abbiano tantissimo da un punto di vista
narrativo. Sono chiacchiere di paese, parole al vento, riflessioni e ricordi
buttati lì, ragionamenti come quelli che facciamo ogni volta che ci arrischiamo
a parlare di ciò che non conosciamo. Ho voluto contrapporre le parole di
Daniele Masala, i suoi ricordi, le motivazioni che lo hanno spinto ad agire, insomma,
i fatti e le idee che in qualche maniera costituiscono la verità, alle
chiacchiere di tutti coloro che lo hanno conosciuto, nel tentativo di scomporre
la realtà e renderla inafferrabile. Le voci corali di Tante piccole cose sono
le voci di chi non sa niente, ma parla comunque; sono l’equivalente delle
interviste ai passanti in strada: parole inutili, eppure onnipresenti.
Chi è
Daniele Masala?
S: Daniele
Masala c’est moi, ovviamente, ma c’est anche toi e tutti
gli altri. Daniele Masala siamo noi quando ci impelaghiamo in cose che non
vogliamo fare: una cena a cui preferiremmo non partecipare, una partita di
calcetto che vorremmo saltare, la cresima del figlio di tuo fratello che non te
ne importa nulla ma sei costretto ad andare, un regalo che non vorremmo
ricevere per non essere costretti poi a ricambiare… Tutti i giorni, più volte
al giorno, siamo obbligati ad accettare compromessi a casa, al lavoro, con gli
amici e c’è chi sostiene che diventare grandi – essere adulti – significhi
proprio saper accettare questi compromessi, farli propri, in modo da poter
continuare con un’esistenza tutto sommato tranquilla. Ovviamente non tutti noi
siamo costretti a sopportare un livello di angherie come quello a cui era
sottoposto Daniele Masala – magari c’è chi ha la moglie ducetta ma il suocero
tanto caro, oppure chi ha un lavoro orrendo ma una famiglia splendida – né
aspettiamo di scoppiare prima di cercare di cambiare le cose.
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