Parliamo della Rivoluzione di "Trovami un modo semplice per uscirne" con il suo autore, Nicola Nucci.
Ciao Nicola, intanto: da
dove dobbiamo uscire e... hai trovato il modo?
Forse.
Magari alzandosi dal divano. Abbandonando quella zona di confort che ci
protegge sì, ma che ci opprime anche. Infondo cosa c’è di bello nel riempirsi
di schifezze guardando una serie tv americana? E nel vomitare sentenze social? È
veramente questa la prigione che vogliamo sceglierci? Boh. Non lo so.
Parlaci dei
due protagonisti del libro, Nick e il suo amico. Chi sono?
Volentieri.
I protagonisti sono due ragazzi normali. Due ventenni (trentenni) che, finito
il loro percorso di studi si trovano nella condizione di imbastirsi una vita,
un futuro. E lo fanno. O almeno ci provano. Con le scarse conoscenze a loro
disposizione e con la confusione tipica di quando si è poco focalizzati.
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Nicola Nucci, “Trovami un modo semplice per uscirne”, terzo classificato per sezione narrativa edita del Premio Nabokov 2020 |
Raccontaci
della rivoluzione di Nick…
Nick forse è
il sognatore. Quello che ancora ci crede. Quello che non si è arreso del tutto.
Quello che aspira a qualcosa di meglio. Quello che considera il triangolo casa-lavoro-spesa
un sacco limitante. Però, se siamo bravi a leggere tra le righe, intuiamo anche
i primi segni di cedimento. Non lo so: Nick lo paragonerei ad un velocista
nell’istante in cui la fuga scappa e non c’è verso di riprenderla, e allora si
gioca per la seconda piazza e accidenti. Tipo così. Non trovi?
E l’idea di
Rivoluzione di Nicola Nucci qual è?
Oggi la
Rivoluzione è un po’ quella che descrivono i due personaggi. Ovvero un prodotto ben confezionato che possa essere commercializzato e rivenduto come merce di
scambio. Succede così nell’editoria, nel cinema, chiaramente nella musica. È un
peccato. Questo sta portando ad un livellamento verso il basso. Praticamente se
non hai particolari talenti te li costruiscono a tavolino. È un bene? E’ un
male? A voi la scelta.
Pensi che
con la scrittura si possa fare la Rivoluzione?
Certo. Un
po’ sì. Però è difficile. Ne sono state dette di cose. Essere originali è
scomodo. Oggi poi non c’è tempo, scappiamo sempre, ma dove è che andiamo? E
allora non c’è tempo. Quindi tutto diventa una marmellata senza sapore. La
verità è che le rivoluzioni ci sarebbero ma corriamo a testa bassa e ce le
perdiamo.
Nel tuo
libro c’è musica. In modi diversi. C’è musica perché le tue parole “suonano” in
modo originalissimo e riconoscibile e c’è musica perché sono tanti i
riferimenti a gruppi indie. Cosa rappresenta la musica per Nick e il suo amico?
E per lo scrittore Nicola Nucci?
I due
personaggi vedono la musica come interesse comune e argomento di conversazione.
Hanno gusti simili. Poi sì, bisogna dire che spesso cercano proprio in essa
rifugio ai tormenti quotidiani. Per il resto sì, il testo si regge tutto su
frasi ripetute e accordate alla trama come fossero note su uno spartito
musicale. Questo accade perché la mia visione musicale va di pari passo con
quella letterale e allora cioè, escono fuori questi guazzabugli e anche di
peggio.
Il tuo libro
è stato paragonato ad “Aspettando Godot” dalla giuria del Premio Italo Calvino.
Per quale motivo secondo te?
Credo per
l’ammorbante senso di attesa. Le atmosfere ritornano più di una volta in
effetti. Tuttavia sebbene qualcuno mi abbia ribattezzato come “Il nuovo
Beckett” in realtà i miei lavori sono più vicini a quelli di autori come Dave
Eggers, Roddy Doyle e Boris Vian. Però questa è solo una mia idea eh.
Perché hai
voluto scrivere un libro così “diverso” con il rischio di non essere capito?
In realtà un
autore non è libero di scrivere quello che vuole. “Trovami un modo semplice per
uscirne” è uscito un po’ da solo e quando va a finire così tu hai la pistola
puntata alla tempia e non puoi telare via, nemmeno per prendere un caffè. È una
rottura sai. Perché poi la notte ci pensi e ci ripensi e se non scrivi non ti
muovi eh. Poi va beh, il rischio di non essere capito non l’ho valutato perché
credo si capisca tutto perfettamente. Più o meno tutti i lettori hanno capito
il messaggio dell’opera quindi…
Molti
critici ti hanno recensito. Quali parole hanno centrato meglio il senso di
“Trovami un modo semplice per uscirne”?
In realtà
tutte. L’arte, la musica, la letteratura sono materie semplici. Qualsiasi
aggettivo è sempre figlio di un giudizio personale e condivisibile nella misura
in cui “non credo nelle tue idee ma sono disponibile anche a morire per darti
la possibilità di parlare” e via discorrendo quindi: la ragione è ovunque e da
nessuna parte, allo stesso tempo.
"Trovami un modo semplice per uscirne" di Nicola Nucci
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