Meravigliosa
figura di papà della letteratura contemporanea. Oggi, San Giuseppe, Festa del Papà,
riportiamo alcuni passi de “I Partigiani non c’erano” di Germano Rubbi,
regista, scrittore, attore di vero talento.
Essere padre
durante la guerra, nel 1943, avere la responsabilità dei figli in un mondo
governato dalla violenza e dall’incertezza.
Fabrizio Fabbri,
il papà forte e invincibile agli occhi del figlioletto Virgilio, non potrà
cancellare tutto l’orrore ma sarà d’esempio per la vita con la sua forza, il
suo coraggio, la sua onestà.
«Virgilio
vedeva da sempre suo padre come una sorta di colosso invincibile, la cui sola
presenza infondeva sicurezza.
L’anno prima, durante i festeggiamenti in onore di San Pancrazio,
l’aveva visto sconfiggere, da solo al tiro alla fune, ben tre di quei soldati
tedeschi dell’aviazione che stavano nella caserma di Calvi. I venti litri di
vino rosso posti in palio come primo premio della gara erano stati distribuiti
in piazza, fra l’entusiasmo dei calvesi che avevano brindato al vincitore,
con esclamazioni di gioia e pacche sulle spalle. Quel giorno, Virgilio se lo
ricordava bene: ricordava la grande mangiata e i brindisi andati avanti fino a
tardi. Ricordava la sensazione di sicurezza che aveva provato nel vedere l’invincibilità
del genitore ma, soprattutto, si ricordava lo strano episodio avvenuto verso
le dieci di sera. Nella calca rumoreggiante della piazza, una persona si era
avvicinata furtivamente alle spalle di suo padre: “Bravo, Ferri. - gli aveva
sussurrato lo strano personaggio - Hai fatto vedere ai nazi di che pasta siamo
fatti”.
Fabrizio era rimasto sorpreso. In un attimo
svanirono i fumi dell’alcool e nei suoi occhi apparve qualcosa che Virgilio,
prima di allora, non aveva mai associato a suo padre: timore.
[…]
“Papà, se ti chiedo una cosa, tu mi rispondi sincero sincero?”
Fabrizio aveva smesso di mungere una delle mucche che aveva nella
stalla poi, dopo essersi passato il dorso della mano sulla fronte sudata, lo
aveva guardato consapevole che, quando suo figlio gli si rivolgeva in modo
così serio, valeva comunque la pena sospendere per un istante il proprio
lavoro.
“Che succede?”
“Chi è Zazzo?”
La domanda lo colse di sorpresa, lasciandolo indeciso su cosa
rispondere. Suo figlio aveva solo dieci anni: più rimaneva distante da quelle
questioni, meglio era.
“Vieni qua.”
Aveva sollevato Virgilio per sistemarlo su uno degli sgabelli di
legno usati per mungere le mucche.
“Andavamo a scuola insieme da piccoli.”
“E adesso?”
“Adesso tu mi prometti che se io ti dico una cosa non la dici mai
a nessuno, mai! Va bene?”
Virgilio aveva guardato suo padre negli occhi: sarebbe rimasto il
loro segreto.
“Promesso.”
Fabrizio si accucciò di fronte a suo figlio posandogli le mani
sulle ginocchia.
“Zazzo è una specie di uomo delle montagne che di notte va in
giro a uccidere gli animali. Bisogna tenersi alla larga da lui, perché se non
trova animali ruba i bambini.”
“Papà?”
“Sì?”
“Per questo la sera della festa di San Pancrazio, quando ti è
venuto a parlare, avevi paura di lui? Perché pensavi che portasse anche a te
sulla montagna con lui a uccidere gli animali?”
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